a cura di Antonello Tolve e Marianne Wild
dal 05 ottobre al 04 dicembre 2016
L'Accademia di Belle Arti di Macerata è lieta di annunciare L'evento del ritorno, un'importante retrospettiva di Nicola Maria Martino che si terrà negli spazi della GABA.MC – Galleria dell'Accademia di Belle Arti di Macerata, in Piazza Vittorio Veneto 7.
Docente di Decorazione e Direttore alle Accademie di Sassari e Torino, poeta e performer, pensatore e pittore, Nicola Maria Martino è figura che illumina i sentieri dell'arte con una voce creativa tesa a disegnare, sin dai primissimi anni Settanta, il nuovo che avanza.
Partendo appunto da un nucleo di opere degli anni Settanta, la mostra propone la straordinaria serie dei reggiseni (1974) che, assieme a Colore Dolore (1976), testimoniano l'esigenza di tornare – dopo un primo percorso comportamentale – ai perimetri chiari del codice pittorico per verificare nuovamente la forza del colore sulla superficie.
Accanto a lavori storici che evidenziano il passaggio dal comportamentale al pittorico, L'evento del ritorno mira a ripercorrere le tappe più significative della pittura di Martino, rappresentate da Illusioni folli, Nemesis, Panta rei e Grande mare per evidenziare un'atmosfera che pone nuova luce sull'antico, sul mito e sul rito, sul racconto e sulla storia.
Seguono lavori dei cicli Ferdinandea e Isole (opere mute, pungenti e malinconiche), opere realizzate a partire dal 1997 e segnate dal discorso Modernissimo dove l'artista sente l'esigenza di tornare ad un dialogo interiore, e straordinari disegni del percorso dedicato al concetto di Altrove, dove la pastosità della linea sul foglio mostra tutto quello che si può dire quando alle parole si ruba la voce. Si tratta di un percorso che pone luce su un sillabario espressivo teso ad alleggerire, ammorbidire, allontanare le brutture del mondo, fino a cancellare la «sbiadita realtà senza fantasia degli adulti» (Carroll).
* Accanto all'itinerario pittorico di un maestro che ha saputo impadronirsi dei misteri della luce, la mostra propone un archivio di immagini e cataloghi, per offrire l'ampio spettro creativo di un artista che ha saputo rigenerare i propri codici e assecondare i territori fertili di una immaginazione senza fili.
Nicola Maria Martino
Nato a Lesina il 5 ottobre 1946, ben presto si trasferisce con la famiglia a Como dove studia per due anni al Liceo scientifico e poi si iscrive all'Istituto tecnico. Presa la maturità artistica per poter accedere all'Accademia di Belle Arti, nel 1965 si trasferisce a Roma. Qui studia un anno Scenografia per poi cambiare percorso di studi e iscriversi a Decorazione. Decisivo, nella sua formazione, è l'incontro con Sante Monachesi (nel 1968 firma il manifesto AGRÀ) di cui diventa discepolo e amico.
Nel 1970 si laurea con una tesi – il relatore è Maurizio Calvesi – sul concetto di cancellatura per teorizzare la necessaria tabula rasa che uno studente deve eseguire nei confronti dell'apprendistato accademico per imparare a volare e trovare una propria strada espressiva. Dallo stesso anno insegna al III Liceo Artistico Statale di Roma, ma già nel 1972 Sante Monachesi lo chiama in Accademia dove è nominato assistente alla cattedra di Decorazione. Dopo un apprendistato come assistente alla cattedra di Decorazione, diventa titolare della cattedra di Decorazione dell'Accademia di Belle Arti di Roma e di Torino. Dal 1993 al 2010 è Direttore dell'Accademia di Belle Arti di Sassari ed è, fino ad ottobre 2013, Commissario con funzioni di Direttore dell'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, nominato direttamente dal Ministero.
Accanto alla brillante attività didattica e direttoriale, Martino affianca da sempre una arguta vitalità creativa che lo porta ad analizzare e attraversare i nuclei principali del proprio tempo.
La sua partecipazione attiva sulla scena artistica comincia nei primi anni Settanta, durante i quali realizza interventi e azioni concettuali-comportamentali – tra i suoi compagni di strada, in questo periodo, ci sono Mimmo Germanà e Gino De Dominicis – la cui logica è quella di scardinare il sistema precostituito e di depurare il mondo dell'arte dai batteri del mercato.
A metà decennio abbandona i procedimenti analitici e la smaterializzazione del concettualismo, anticipando temi e tecniche del ritorno alla pittura nell'ambito del postmoderno. A questo periodo appartengono la serie dei reggiseni (1974) e Colore Dolore (1976) che è, per l'artista, il manifesto di una riapparizione, di una comparsa, di un ritorno nostalgico ai labirinti della pittura. «Ebbi in regalo una scatola di colori ad olio e finii per amare i gialli, i verdi, i rossi ed i blu e tutti i profumi di trementina. Cominciai a pensare, pensare di mettermi in cammino; è possibile che il cielo fosse terso e stellato. Tutto sarebbe successo. Ho insegnato ma soprattutto ho imparato molto. Sarò sempre sorpreso nel vedere un colore. Lo stupore è tanto nel pensare che uomini ancora dipingono quadri» suggerisce l'artista in un testo di poetica.
Dal 1976 si dedica completamente alla pratica della pittura (nel '77 è l'artista scelto per la realizzazione del progetto di decorazione per il palazzo del principe Sultan Bin Saud) come ricerca di una mitologia nel senso di memoria universale e personale che si definisce in una espressività contenuta, solare e insieme umbratile, dispiegata in ampie distese cromatiche percorse da segni e figure liriche e inquiete, citazioni elaborate intellettualmente con rimandi a de Chirico, Chagall, Kandinsky.
Nel 1980 Cesare Vivaldi lo segnala sul Bolaffi e lo presenta alla Galleria NRA di Parigi. Nello stesso anno Martino è invitato alla Biennale di Venezia e da questo momento si contano numerose le partecipazioni dell'artista a collettive e personali in Italia e all'estero. Nelle opere di questo periodo si rivela una maturità artistica piena e consapevole espressa da un linguaggio pittorico sensibile e originale che ne fa uno dei protagonisti di quella rinascita della pittura che caratterizza il decennio. È in questo periodo che illustra per i tipi di Einaudi, il racconto di Antonij Pogorel'Skij La gallina nera (1983) e teorizza ad Orléans, all'Institut sup rieur d'arts visuels, Lupo azzurro (l'artista come lupo solitario), titolo tra l'altro di un suo emblematico olio su tela del 1984. Dalla metà degli anni '80 la pittura di Martino dall'affabulazione emozionata si decanta in termini di sintesi luminosa e spaziale, in termini di un'intensa, sensibile essenzialità espressa in un blu profondo e simbolico. In questi anni l'attività espositiva di Martino si intensifica interessando la stampa specializzata e la giovane critica militante. Dopo le tappe più significative della sua pittura rappresentate da Illusioni folli, Nemesis, Panta rei e Grande mare, l'artista passa ai cicli Ferdinandea e Isole (opere silenziose, pervase da malinconia, più riflessive) con un linguaggio in bilico tra astrazione e figurazione che culmina nei piani frammentati e slittanti di Modernissimo, ciclo iniziato nel 1997, costituito anche da piccole tele dove Martino ritrova una dimensione più intima, sempre intensamente mediterranea, come la memoria di quelle incantate apparizioni di Ritorno a casa del 1993 che sfocia nell'equilibrio di campi cromatici luminosi e intensi, intessuti di incidenti poetici e tracce di vissuto degli ultimi lavori.
Nel suo lungo itinerario intellettuale Martino ha esposto in numerose gallerie in Italia e all'estero, ha partecipato due volte alla Biennale di Venezia e sue opere sono presenti in prestigiose collezioni internazionali. Di lui hanno scritto, tra gli altri, Luca Beatrice, Carmine Benincasa, Cecilia Casorati, Ferdinando Creta, Maurizio Coccia, Guido Curto, Francesco Gallo, Giuseppe Gatt, Guglielmo Gigliotti, Nicolas Martino, Filiberto Menna, Italo Mussa, Giancarlo Politi, Lucia Spadano, Cesare Vivaldi.