Vittorio Storaro

Vittorio Storaro

Vittorio Storaro
Nato a Roma il 24 Giugno I940 e figlio dell'Operatore di proiezione della Lux Film, Vittorio Storaro venne spinto dal desiderio paterno a frequentare l'Istituto Tecnico Fotografico "Duca D'Aosta" negli anni I95I/56. 

Diplomatosi Maestro Fotografico, impossibilitato a frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia, data la giovane età, negli anni I956/58 si diplomò Assistente e Cineoperatore del Colore presso il C.I.A.C.. Nel 1958 la giuria del Centro Sperimentale lo ammise al biennio di Cinematografia pur non avendo ancora l'età richiesta dal bando di concorso. Nel 1960 proseguì il suo assistentato con i Direttori di Fotografia Aldo Scavarda e Marco Scarpelli. 

Il regista Franco Rossi nel I968, dopo la visione del cortometraggio "Rapporto segreto", lo chiamò a ideare la Cinematografia di "Giovinezza, giovinezza". Al richiamo collaborativo di Bernardo Bertolucci rispose come ad un appuntamento predestinato nel tempo. Iniziò così un lungo sodalizio che gli dette modo di ampliare quei concetti che divennero dei punti fermi del percorso Cinematografico della sua vita. La qualità della Luce fu però sempre il centro del suo pensiero." Il Conformista", fu uno specifico esempio di questa dedizione. Passò poi dagli studi sulla Luce Naturale del Rinascimento in "Addio fratello crudele" e "Orlando furioso" al conflitto Luce-Ombra intorno al pensiero di "Giordano Bruno". 

La Passione del colore, si rivelerà in "Ultimo tango a Parigi", "Novecento" e ancor più "Apocalypse Now". Durante il cammino di studi, il concetto "vitale" della sua espressione Cinematografica divenne sempre più chiaro, la ricerca di un Equilibrio tra: Luce ed Ombra, Cosciente ed Inconscio, Uomo e Donna, Sole e Luna. "La Luna", diretto da Bertolucci, con lo studio sulla simbologia del colore, fu la chiave innovatrice, ma fu dall'incontro con Warren Beatty che ricevette la spinta a guardare un film dall'interno, dalla parte dei suoi protagonisti. 

Con la teoria sulla fisiologia del colore, visualizzò le reazioni umane alle differenti lunghezze d'onda della Luce. Nel film Tv "Wagner" diretto da Tony Palmer, contrappose l'energia Naturale all'Artificiale. Fu con l'inizio del 1983, in "Arlecchino" diretto da Giuliano Montaldo, che toccò con mano il "Cinema Elettronico". 

Il duello “Immagine ottica” – “Immagine elettronica”, lo appassionò e l'utilizzazione delle due immagini ad unisono divenne per lui un fatto fondamentale. Durante la realizzazione di "Ladyhawke" diretto da Richard Donner, sentì che le sue ideazioni cinematografiche non si potevano più limitare ad un solo fatto luministico, si dovevano integrare maggiormente nella Scenografia e nel Costume. Nacque in quel periodo l'idea di comporre un insieme di Scritti e di Immagini, distinti in tre fasi fondamentali della sua vita: “La perdita dell’innocenza”, “La scoperta della consapevolezza”, “La ricerca della maturità”. Ancora con Francis Coppola si apprestò ad illuminare, in Terza Dimensione 70 m/m, "Capitan Eo", prodotto dalla Lucas Film per la Disney Studios. Tornò ad Hollywood con una Console Elettronica rinnovata di tante esperienze. Ne "l’Ultimo Imperatore", fu il libro "Da Imperatore a cittadino" di Ausin Gioro Pu Yi, a dargli l'intuizione di visualizzare il viaggio in seno alla “Vita” con un viaggio in seno alla “Luce”. 

Le età dell'Imperatore si visualizzavano con le età dei” Colori”. Francis Coppola lo chiamò poi per una storia a lui intimamente legata "TUCHER". Fu spinto così a rappresentare la vita di Preston Tucker, con i quattro elementi primari della vita dell'antica filosofia greca: Terra - Fuoco-Acqua -Aria.   

Nel Giugno dell'88, proseguì il viaggio con Coppola in un Film a episodi diretti, oltre che da Coppola, da Martin Scorzese e Woody Allen: "New York Stories". Fu poi uno sguardo all'espressionismo tedesco a spingerlo verso un altro progetto di Warren Beatty. La storia di un poliziotto nella Chicago degli anni '30:” Dick Tracy”. Bernardo Bertolucci lo invitò poi in un viaggio nel Sahara per "Il Tè Nel Deserto". Tratto dal romanzo di Paul Bowels.  Colse poi la possibilità di realizzare "La Tosca, nei luoghi e nelle ore". Diretto da Giuseppe Patroni Griffi e prodotto da Andrea Andermann. Un Film in diretta, nei luoghi reali, con l'orchestra condotta da Zubhin Metha dall'Auditorio della Rai. Con le note di Puccini ancora nella mente, iniziò "IL Piccolo Budda" diretto da Bernardo Bertolucci. 

Con l'incontro con Carlos Saura, Storaro inizia una fase completamente nuova della sua vita creativa. Film come "Flamenco - Taxi - Tango" e particolarmente "Goya in Bordeaux" gli fanno aprire una nuova porta nel mondo delle arti figurative. 

Un mondo di fantasia visiva che sembra ancor più ampliarsi con il film "Zapata" di Alfonso Arau. L'Accademia delle Arti e delle Scienze Cinematografiche di Los Angeles, gli ha conferito tre Premi OSCAR per i Film: "Apocalypse Now" (1980) diretto da Francis Coppola, "Reds" (1982) diretto da Warren Beatty, "L’ultimo Imperatore (1988)diretto da Bernardo Bertolucci. Presidente dell'Associazione Italiana Autori della Fotografia Cinematografica negli anni 1988-90 e membro di varie Accademie internazionali. 

Ha insegnato per 10 anni (1994-2004) "Scrivere con la Luce" presso l'Accademia delle Arti e delle Scienze dell'Immagine de L'Aquila di cui stato uno dei fondatori, con il proposito che i cinque anni di corso portino nel tempo al riconoscimento dell'Immagine a tutti gli effetti come facoltà Universitaria. 

La sua aspirazione è il possibile raggiungimento del riconoscimento legislativo nel "Diritto d0Autore" per tutti gli Autori della Fotografia Cinematografica del mondo. Ha scritto e curato l'edizione di una trilogia di libri sulla ispirazione pittorica, sulla conoscenza filosofica: delle Luci, dei Colori, degli Elementi, che lo hanno accompagnato in tutta la sua vita creativa dal titolo: " Scrivere con la luce”.
A Vittorio Storaro viene riconosciuto il premio Svoboda al talento artistico e creativo 
per i meriti di una vivace, visionaria e dominante applicazione della ricerca sulla valenza 
espressiva dell’immagine cinematografica e per la capacità di tradurre la dialettica di luce 
e ombra nei caratteri fondamentali dell’esistenza, attraverso una poetica dell’immagine 
che diventa scrittura, accreditando il linguaggio della luce nel contesto delle arti visive 
come nuova forma espressiva efficace nel messaggio della contemporaneità

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