Testo critico di Maria Letizia Paiato Generalmente, quando si pensa all’arte del mosaico, la mente corre veloce verso l’antichità e per quel che interessa l’Italia a città come Roma, Aquileia, Ravenna ma anche Otranto o Palermo in età Romanica. Un pensiero che vola verso il mediterraneo e che, tornando ancora più indietro nel tempo, passa per l’Egitto e la Grecia, fino alle porte dell’oriente come testimonia Santa Sofia a Costantinopoli, l’odierna Istanbul. Tuttavia, il mosaico appartiene anche alla contemporaneità, tanto è vero che, se si pensa a quelle correnti artistiche nate a cavallo fra XIX e XX secolo, come il Divisionismo ad esempio, a quei flussi di ricerca interessati al frazionamento del colore in pittura, si può percepire il mosaico come un linguaggio molto più vicino a noi di quanto non dissimulino le apparenze. Così, anche in ambito Liberty e Déco gli esempi di arte del mosaico sono numerosissimi, ci basti pensare a un artista come Antoni Gaudí per comprendere di cosa parliamo, o tornando in Italia, al favoloso Giardino dei Tarocchi di Capalbio opera di Niki de Saint Phalle, tanto per citare un caso molto noto e più contemporaneo. Non mancano, chiaramente, esempi ancora più vicini a noi, per i quali un buon punto di partenza è senz’altro rappresentato dalla collezione di mosaici contemporanei del MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna. Per quel che riguarda le Marche, a essa appartengono tradizioni artistiche diverse, anche se, in molti musei archeologici della regione si conservano numerosi frammenti rinvenuti nel territorio a testimoniare come, anche qui, l’arte musiva fosse ampiamente praticata. Perciò all’Accademia di Belle Arti di Macerata il merito di avere promosso, da circa un decennio, un corso nell’ambito della scuola di Decorazione tenuto da Marco Santi che, oltre ad essere membro del noto gruppo mosaicisti di Ravenna, vanta importanti collaborazioni nel settore, sia nell’ambito del restauro che della produzione contemporanea. Si è trattato pertanto di un’occasione di studio unica e particolare per i diciassette giovani studenti, ormai artisti emergenti a tutti gli effetti, che oggi terminano questa esperienza con la mostra Adesilex P22 che, con Marco Santi che espone insieme loro, hanno l’opportunità di mostrare al pubblico, non solo la bellezza di questa tecnica, ma soprattutto l’originalità e la freschezza di come un linguaggio antichissimo sia assolutamente più che attuale. Cuore di Adesilex P22, il cui titolo si riferisce alla colla utilizzata per fare aderire le tessere, è l’opera collettiva realizzata da tutti loro: Alessandro Breccia, Daria Carpineti, He Cong, Eleftheria Eleftheriou, Alessia Galassi, Patrizia Giacomini, Giorgia Mascitti, Liu Xin Miao, Lizzie, Erica Ortelli, Irene Pantella, Eleonora Polverini, Dominika Rosa, Sofia Solustri, Franciska Topolovec, Xian Chen Xiang, Wang Ling Xiang, He XingYi, Liu Yahao. Si tratta di un mosaico pavimentale composto di quindici elementi quadrati che insieme formano un unico esemplare della misura di 200x220 cm circa. Emerge dal fondo, posto in evidenza da un’importante cornice bianca, un disegno giocato fra elementi geometrici a trama romboidale; ritmati dal nero che si alterna all’ocra con sfumature di oro, che restituiscono la forma di un arazzo. Singolare ma pertinente più che mai è l’affinità semantica fra il mosaico e l’arazzo dove, per quest’ultimo, a formare un tessuto è proprio l’intreccio fra i fili della trama e quelli dell’ordito. D’intreccio, per certi aspetti, si nutre anche l’arte del mosaico, così nell’opera collettiva realizzata dai ragazzi è fondamentale l’intrecciarsi del loro singolo fare che attende all’unità finale del lavoro. Allo stesso modo e non a caso, sono essi stessi ad aver scelto come titolo Adesilex P22, proprio a significare, non solo la tenuta dell’opera stessa, ma anche il loro sostanziale operare comune. La mostra si completa, inoltre, con altre opere, di misure variabili fra i 40x40 e 30x50 cm, realizzate da alcuni di loro che, tessera dopo tessera, piccole pietre naturali, di terracotta o di paste vitree, bianche, nere o colorate in forma perlopiù cubica – le cosiddette tessere musive – mostrano l’immaginario espressivo di ognuno. Dal mondo faunistico, la tigre di Erica Ortelli e la libellula di Daria Carpineti, si passa a quello più naturalistico di Eleonora Polverini e Patrizia Giacomini, quest’ultima addirittura attratta dal muoversi in ambiente con un esercizio puramente installativo. Più simbolico è l’universo di Alessandro Breccia che, con lo stemma della Repubblica Romana del 1849, riporta alla memoria le origini della nostra nazione, e, ancora una volta, evocativo del mondo naturale, ma con flessioni di stampo geometrico, quello di He Cong, Franciska Topolovec e Dominika Rosa. Ciascuno di loro, con il proprio bagaglio artistico, ha così trasferito nell’esercizio di questa tecnica, la personale poetica e ricerca, come nel caso di Lizzie, che propone gli stessi scheletri e figure senza volto che solitamente popolano il suo mondo pittorico, o di Sofia Solustri le cui masse informi tornano cristallizzate nel suo mosaico. Infine, fa da sfondo ad Adesilex P22 l’opera di Marco Santi. Un lavoro che accompagna quello dei suoi allievi mostrando il carattere più propriamente metamorfico della tecnica. In questa prova vediamo, nel contrasto fra la lucentezza dell’oro e la parte più scura dai toni bruni nella parte superiore, quell’affrancarsi diretto del mosaico all’astrattismo pittorico. Qui, complice la peculiarità del tagliare le tessere una a una e in modo irregolare tali da ottenere una maggiore variabilità nel seguire le linee compositive, il binomio cromatico, oltre ad assecondare esigenze formali, restituisce una forza inedita che cattura la luce, restituendola all’osservatore sotto la forma simbolica di energia espressiva. Un’energia che, da millenni, rende inesauribilmente affascinante l’arte musiva